San Marino docet

Often, as demonstrated by the book we recently reviewed in the “Libri e musei” section, terms like “change,” “reform,” “reorganization” echo like a mantra in television debates, media coverage, and pre-election speeches. Just as often, these declarations lead to nothing or result in something that would have been better left unrealized. In this installment of our museum management section, we aim to present a successful reorganization process—one that emerged from a shared approach rather than from a theoretical or opportunistic imposition.

source: https://www.cultura.sm/

Paolo Rondelli

Paolo Rondelli – There are permanent relationships with several universities, such as Bologna and Urbino, with the archaeological section of the CNR, and with some museum institutions, with which we are connected due to a shared collection of artifacts. All of this is primarily within Italy.
In recent years, we have begun establishing relationships with institutions in other countries, particularly thanks to the enhanced capabilities of our diplomatic network and the interfaces it has started to facilitate.
Additionally, there is a stable relationship with the La Biennale di Venezia, an important platform for San Marino’s cultural dissemination.

Paolo Rondelli – First and foremost, it represents the identity of the State, its memory, and its formation. In this sense, we can say that cultural heritage is “identity heritage.”

Paolo Rondelli – I consider them very positively, and thanks to the design degree courses at our university, with which we often collaborate, we have successfully implemented them. It is a way to keep up with the times, establish greater contact with new generations, provide new perspectives for older generations, and use tools that facilitate accessibility for individuals with different or reduced abilities, such as visual or auditory impairments.

Paolo Rondelli – I believe that if the future does not safeguard culture as a fundamental tool for identity and collective memory—without manipulations or partisan views influenced by political circumstances—there will be a progressive decline in awareness, leading to both moral and material regression.
In short, either we preserve and enhance culture, or we are lost and defeated as thinking beings.

Paolo Rondelli – I believe it is a museum in the classical sense of the term, but one that can harness technological advancements for the benefit of both operators and visitors. In other words, the perfect integration of tradition and new technologies—the future!

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Versione italiana

Sovente, ed il testo che abbiamo recensito in questi giorni per la sezione “Libri e musei” ne è un esempio, termini come “cambiamento”, “riforma”, “riorganizzazione” risuonano come un mantra nei dibattiti televisivi, sui media, nei comizi pre-elettorali. Altrettanto sovente tali esternazioni non sfociano in nulla o in qualcosa che era meglio non fosse mai apparso. Vogliamo, in questo nostro appuntamento con il management museale, presentare un processo di riorganizzazione riuscito, perché fatto nascere da un atteggiamento condiviso e non da una imposizione teorica o di opportunità.

A cura della redazione scientifica di Network Museum

fonte: https://www.cultura.sm/

Paolo Rondelli

Paolo Rondelli – È la gestione delle strutture culturali in un’ottica di conservazione, valorizzazione, ricerca. Ma è anche un modo per fare capire, a chi amministra la cosa pubblica, come senza strutture culturali un paese muoia, uccidendo la democrazia del pensiero libero. Faccio un esempio: un archivio di Stato è una istituzione culturale, dove si conservano documenti fondamentali per quello Stato, per ciò che è stata la sua storia, per ciò che sono le sue fondamenta. Se quel patrimonio, quella istituzione vengono bistrattati, impoveriti di risorse, non gestiti propriamente, è l’identità del paese che ne soffre. Il Manager Culturale deve far sì che tutto sia valorizzato, conservato, reso disponibile con linguaggi alla portata dell’utenza media, reso fruibile per le scuole, tenendo conto delle fasce d’età. Il patrimonio culturale va poi studiato e va creato uno “storytelling” per garantirne l’accessibilità a tutti. Un lavoro immane insomma.

Paolo Rondelli – Rappresenta, anzitutto, l’identità dello Stato, la sua memoria, la sua costruzione. In tal senso possiamo dire che il patrimonio culturale è “patrimonio identitario”.

Paolo Rondelli – Le considero in modo molto positivo e, grazie ai corsi di laurea in design della nostra università, con cui molto spesso collaboriamo, le abbiamo utilizzate con successo. È un modo per stare al passo coi tempi, stabilire un contatto maggiore con le nuove generazioni, fornire alle meno giovani nuovi punti di osservazione, utilizzare strumenti, che facilitino la fruizione a portatori di diverse o minori abilità, ad esempio visive o uditive.

Paolo Rondelli – Penso che se il futuro non tutelerà la cultura come strumento di base dell’identità e della memoria collettiva, senza strumentalizzazioni o visioni di parte o condizionate dal momento politico, vi sarà un progressivo impoverimento della coscienza e una recessione morale e materiale. Insomma o si conserva e valorizza la cultura o siamo perduti e sconfitti come esseri pensanti.

Paolo Rondelli – Penso sia un museo nel senso classico del termine che però possa sfruttare il progresso tecnologico a beneficio di operatori e di utenza. Ovvero la summa di integrazione di tradizione e nuove tecnologie. Ovvero il futuro!

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