Time and intelligence are two dimensions that interact more than one might expect. Intelligence, in its various etymological meanings, establishes deep connections with time, connections that serve as a key to understanding events, logic, and circumstances, including life itself. Museums are no exception: their history, their relationship with time, and the effects that time has shaped into matter, thought, or events, preserved, exhibited, narrated, and explained by the institutions themselves, define, through these actions, the intrinsic intelligence of a museum.

Do you recall the day—no, more precisely, the morning of Christmas? Yes, only a misfit like me would talk about Christmas in the middle of summer, while people are busy with beachwear dilemmas and holiday planning. And yet, while some worry about their swimsuits, others tread on sands formed from the rubble of their homes, victims of wars and destruction.

Returning to Christmas morning: don’t you remember, those bright, colorful packages, carefully wrapped? The anticipation, the mystery surrounding what lies within? The same feeling applies to museums. Entering a museum without understanding its history, without grasping its role in the larger framework of human storytelling, is like ignoring the wrapping of a gift. The packaging is not a mere accessory; it is fundamental in shaping the emotional disposition necessary for the ritual of receiving and appreciating a gift.
Every museum has its own story, often not as grand as the tales it safeguards, yet sometimes more fascinating than the artifacts and ideas it contains. Investigating the origins of a museum is an essential precursor to visiting it—it offers inspiration, uncovering the very essence of why it exists. Take, for example, the Egyptian Museum of Turin. How many have asked themselves why a museum dedicated to Egyptian civilization was established in Turin, so distant in location, era, expression, and origin from the culture of its visitors? The institution’s history reveals intriguing insights into a time that helped shape who we are today. Consider also its location, near remnants of another dynasty, pivotal to the history of our national identity. These elements alone would justify dedicating time to exploring the institution.
Time, the great gentleman, the ultimate educator (even if often ignored), plays an all-encompassing role in knowledge and its dissemination. It grants significance to the objects we encounter in museums, unless we succumb to the growing trend of cultural fetishism, reducing museums to aesthetic spectacles rather than spaces of learning. Too often, curators and museum directors attempt to make the museum itself the protagonist, overshadowing its content. This approach stems from a narcissistic desire to elevate their own roles rather than embracing their true mission, to safeguard and share the legacy they have inherited.
Returning to time, history, and the theme of the year: museum intelligence. Soon, we will launch a new section dedicated to exploring the history of museum institutions and how they relate to historical events, revealing the impact time has on us all. Understanding a museum’s evolution and its relationship with history is crucial for grasping the essence of its intellectual dimension. Museums are not static repositories of objects; they are dynamic entities shaped by the flow of time and societal transformations. For example, revisiting the National Museum of the Italian Risorgimento after more than forty years, one can clearly perceive how the presentation of the Risorgimento era has evolved. A museum’s ability to reflect and adapt over time is a testament to its intelligence. Thus, an epistemological and exegetical effort should be made every time one enters a museum. And for colleagues in the museum field, this reflection should occur not only when introducing new collections and activities but even in the museum’s daily operations. Helping visitors understand the goals and mission of an institution is essential in promoting the fundamental aspect of human intelligence, the ability to share knowledge.
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Versione italiana
Intelligenza e tempo
Il tempo e l’intelligenza sono due dimensioni, che interagiscono tra di loro più di quanto ci si aspetti. L’intelligenza, nelle sue varie accezioni etimologiche, contrae con il tempo profonde relazioni, che sono la chiave di lettura di fatti, logiche e circostanze, tra cui la vita stessa. I musei non fanno eccezione: la loro storia, il loro rapporto con il tempo e con gli effetti, che lo stesso ha reso materia, pensiero o accadimenti, dalle stesse istituzioni custoditi, esposti, raccontati e spiegati, definiscono, per come tutto ciò viene compiuto, l’intelligenza intrinseca di un museo.

Avete presente il giorno, anzi, più esattamente, la mattina di Natale? È vero: solo un disadattato come me può raccontarvi del Natale alla vigilia dell’estate, con la prova costume, che incalza, pensando ad una sabbia per pochi, mentre troppi calcano polveri frutto dello sbriciolamento bellico delle proprie case e delle proprie vite. Torniamo al Natale, tanto tra globosità lipidiche abbandonate al sole ed inestetismi sparsi ovunque, a cui si dichiarerà guerra a vacanze terminate, pochi penseranno alle vittime di tali nefandezze perpetrate dalla nostra stessa specie. Dicevamo del Natale, dunque. Della mattina di quel giorno non ricordate forse (ovviamente i più fortunati) i pacchi avvolti dalle luccicanti e coloratissime carte, riciclate per fasciare libri e quaderni? Quando ricevete un regalo non lo si distingue, forse, da una cartella esattoriale, per il suo involucro, sempre ruffiano e sovente inadempiente circa ciò che cela?

Accedere ad un museo, senza aver indagato sulla sua storia e sul rapporto che lo stesso ha contratto e condivide con la Storia stessa, è come non accorgersi di una confezione regalo (e quindi del presente stesso), ovvero di quella cosa, la cui funzione, assolutamente accessoria, è contraddittoriamente fondamentale per la creazione di quella disposizione d’animo necessaria, affinché il rito del dono e del suo ricevimento possa essere consumato reciprocamente a beneficio degli attori stessi.
Innanzi tutto ogni museo ha una sua storia, sovente non così importante come le storie, che custodisce, ma spesso, per certi punti di vista, più intrigante degli oggetti e delle idee in esso contenuti. L’indagine sulla costituzione di una istituzione museale è, innanzi tutto, propedeutica alla visita stessa del museo. È fonte di ispirazione (non dimentichiamoci mai dell’etimologia del termine, anch’essa espressione del tempo) e motivo di epifania della ragione d’essere dello stesso. Un esempio, proprio perché così posso giocare in casa (in quanto torinese e non egiziano, si intende): quanti di voi si sono chiesti perché sia stato realizzato, proprio a Torino, un museo, che ospita testimonianze di una civiltà, diciamo, non proprio affine per luogo, epoca, espressione ed origine dei rispettivi residenti, nonché del tempo e delle circostanze, in cui tale museo ha visto la sua creazione? La storia di tale istituzione spalanca scenari interessantissimi ed illuminanti su di un periodo, causa e motore di ciò che, almeno in parte, ancora oggi siamo. Significativo, per esempio, tornando al Museo Egizio di Torino, il luogo ove questo sorga, proprio vicino a quelli di un altro tipo di dinastia, fondamentale per la storia della nostra collettività nazionale. Basterebbe solo l’approfondimento di questi temi, per essere gratificati dell’aver posto interesse in tale istituzione e per aver impegnato una giornata nella visita di questi intorni e dintorni.
Il tempo, sommo galantuomo e grande educatore (disatteso come molti “grandi” se non dopo morti), questa variabile, questa straordinaria dimensione, che gioca a tutto campo anche quando si tratta della conoscenza e della sua propagazione, ha il potere di rendere significativo ciò che incontriamo negli ambienti museali, a meno che non si sia adepti di quella religione, in voga di questi tempi, che fa del feticismo culturale il suo sterile punto di arrivo e di partenza. Sintomatico aspetto di tale comportamento risiede nella frase, che attribuisce bellezza ad un qualcosa, il museo appunto, che si fa fatica a determinare con canoni estetici, proprio perché la sua funzione per eccellenza è altra, non fine a se stessa. Quante volte, però, abbiamo sentito decretare di un museo il suo essere “bello”. Vero è che da un po’ di tempo assistiamo alla tentazione di molti curatori e direttori vari di rendere protagonista il museo, più di ciò che esso presenti e rappresenti, confondendo il dito con la Luna. Ciò è il risultato dell’infantile narcisismo di coloro che non trovano motivo esistenziale in altro che nella vanità di un ruolo o per altri tipi di opportunità. In realtà non hanno nessun merito se non quello che sarebbe custodire e mettere a disposizione di tutti ciò che si sono trovati quale eredità professionale, ma, sia ben chiaro, realizzato da altri.
Torniamo al tempo, alla storia ed al tema dell’anno: l’intelligenza museale. A breve vareremo una nuova sezione proprio all’insegna della storia delle istituzioni museali e di come le stesse vivano la Storia, ovvero gli effetti che il tempo provoca su tutti noi, accomunandoci, perché coevi di periodi o perché interessati dagli stessi per vari motivi. Non ci vuole molto a comprendere come la dimensione temporale sia essa stessa componente di quella espressione dell’intelligenza, su cui da quasi un anno insistiamo. Per ogni materia dello scibile è fondamentale contemplare la sua evoluzione nel tempo, per ricavarne la ragione del suo stesso esistere e le sue ricadute, essendo noi i destinatari di tali effetti. Pensiamo, per riferirci ai tempi correnti, alla costituzione dei nuovi orientamenti nella cultura statunitense, che vede la tecnologia, e precisamente la tanto citata intelligenza artificiale, come futura detentrice e regolatrice della vita pubblica ed istituzionale di intere collettività, a cui abdicare una funzione fondamentale, anzi vitale, ritenuta sempre infausta se gestita dagli umani. Tale orientamento di pensiero, che tra le altre cose sembra concentrarsi su prospettive eugenetiche e visioni simil-naziste, rappresentano perfettamente il rapporto tra ciò che viene assunto come “conoscenza” e modalità di adozione della stessa.
La percezione, pertanto, di come si sia evoluto un museo e di come si rapporti con la sua storia, la Storia e le storie (aspetto, quest’ultimo, per cui abbiamo da poco realizzato networkmuseumpeople.com), è sintomatico di una dimensione intellettiva fondamentale per la comprensione di ciò che riteniamo essere l’intelligenza di un museo e di un aspetto della propagazione cognitiva. Per rimanere in zona e produrre un altro esempio, ritornando dopo più di quarant’anni al Museo Nazionale dei Risorgimento, a pochi passi dal citato Museo Egizio, ho avvertito, nell’attuale allestimento, il cambiamento di come veniva presentato e come ora viene espresso il periodo risorgimentale italiano: provare a visitare per credere e, soprattutto, provate a trarne conclusioni. Occorrerebbe, pertanto, uno sforzo epistemologico – esegetico ogni qualvolta si acceda ad un museo e, riferendomi ai colleghi dell’ambito museale, ogni volta che ci si appresti, non solo a presentare nuove collezioni e nuove attività, ma anche solamente all’apertura quotidiana. Aiutare i propri visitatori, magari palesando gli scopi e gli obiettivi della propria istituzione (una inezia tra la moltitudine di cose che si riscontrano mancare), potrà favorire la percezione della principale componente di condivisione della nostra specie, che chiamiamo intelligenza.
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Title/Titolo: Intelligence and time”/”Intelligenza e tempo”
Section/Sezione: “La copertina”
Author/Autore: Gian Stefano Mandrino
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Code/Codice: INMNET2505271130MAN.A1
Last update/Ultimo aggiornamento: 04/06/2025
Online publication: 6th season, 06 June 2025/Pubblicazione in rete: 6° stagione, 04/06/2025
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