L’aspetto umanistico del problema tecnico

A cura della redazione di Network Museum

La seconda “Storia” di questa nostra nuova sezione, ha il sapore dolce dei telefilm di Star Trek, dei rassicuranti anni ’60, dei finali dove il buono trionfa sempre sul cattivo, in cui il futuro fa rima con bene, anzi con meglio, ed il capitano James T. Kirk trovava sempre a fine episodio un morbido abbraccio con cui gratificarsi delle tante avventure e scazzottate con tipacci intetestellari di ogni sorta. Persino il signor Spok sembrava, alla fine di ogni storia, benevolmente disposto verso la nostra specie, che muoveva i primi passi laggiù, dove nessuno era ancora giunto.

Terminato il telefilm, rimaneva il retrogusto della dolce promessa di futuro e qualche riflessione sui temi, a volte anche molto profondi, che la serie proponeva, malgrado il sessismo e le varie interpretazioni sui rapporti tra le tante sfumature della pelle, umana o aliena.

Qualche anno più tardi si sono avvicendati sulle poltrona della plancia di quelle astronavi vari capitani ed avventure, sempre più complesse, meno rosee, addirittura angoscianti. La nostra specie si è ridimensionata o, come nel caso della “tecno-specie” Borg, addirittura irrilevante come qualsiasi altra entità biologica galattica. Il futuro diventava via via meno zucceroso, non più color pastello come le divise dell’equipaggio dell’Enterprise dei primi gloriosi tempi.

Intanto Blade Runner incalzava con scenari di dopodomani già compromessi da cose terrifiche, che “noi umani dovevamo ancora vedere”. Poi dopo un guizzo di spiritualità intergalattica jedi, il genere letterario – cinematografico ha continuato a proiettarci domani sempre più inquietanti, dove il termine umanità strideva tra apocalissi post atomiche, dittature cibernetiche e vicini interstellari interessati a noi più come cibo che come cultura.

Il filo conduttore di tale evoluzione è uno strisciante convincimento che il progresso tecnologico non possa coincidere con l’evoluzione delle altre caratteristiche della nostra specie, se non in contesti estremamnte fantastici. Addirittura pare che la tecnica, come una lente, possa solo ingigantire vizi e difetti della nostra collettività: violenza, aridità, avidità, livellamento al basso della nostra specie, condannata ad una vita di istinti, di sopportazione, di brutale lotta per la sopravvivenza e la ricerca del motivo esistenziale bandita dal futuro.

Se un museo, almeno etimologicamente, è possibile considerarlo un luogo di ispirazione, scienza e tecnologia possono esserlo altrettanto? Una stazione spaziale cosa potrà raccontarci un giorno? Lo spazio, per tornare all’incipit della sigla della fortunata serie citata, sarà veramente l’ultima frontiera oppure continuerà ad esserlo la ricerca del senso esistenziale della nostra specie?
Di questo, di ciò che resta del rapporto tra componente umanistica e scientifica, nonché del ruolo dei musei in tal senso ragioneremo con Gelsomina Nardo, ingegnere aerospaziale.


Gelsomina Nardo

Gelsomina Nardo
È un ingegnere aerospaziale. Dopo il diploma classico, ha cominciato gli studi di Ingegneria presso l’Università degli Studi di Napoli. Grazie al progetto Erasmus ha avuto modo di studiare all’università IPSA di Parigi. Ha quindi svolto un tirocinio presso il polo tecnologico TU DELFT.
Da un anno lavora a Torino in un’azienda leader del settore spaziale.




Ulteriori fonti ed informazioni sull’Ospite:
https://www.linkedin.com/in/gelsomina-nardo/


Network Museum – Chi è Gelsomina Nardo?

Gelsomina Nardo – Mi piacerebbe saperlo! Sono una persona alla continua ricerca di sé. Mi appassiono facilmente a nuove cose, quando c’è un nuovo progetto raramente mi tiro indietro.
Mi piace molto imparare, seguo sempre molti corsi e mi definisco una “costante principiante”.
Difficilmente metto in secondo piano il rispetto e l’ascolto degli altri. Lo ammetto, non mi va sempre bene! Ma lo faccio anche perché credo che le occasioni di crescita non si limitino ai libri ma continuino nelle persone che incontriamo.

Network Museum – Cos’è la cultura per Gelsomina Nardo?

Gelsomina Nardo – Intendo la cultura nel senso etimologico del termine, come qualcosa che si coltiva.
Ogni uomo lascia una traccia nel mondo che viene tramandata, l’insieme di tutti i lasciti costituiscono la cultura.
Si intende spesso cultura di un popolo come l’insieme delle conoscenze e tradizioni collettive di un ristretto gruppo di persone ma ormai, grazie ad internet dobbiamo ammettere che in qualche modo, anche virtualmente, stiamo costruendo una cultura globale.

Network Museum – Cos’è un museo ed a cosa serve?

Gelsomina Nardo – Inevitabilmente la prima immagine che mi viene in mente, quando penso ad un museo, è la gita a scuola, appunto, al museo.
Il museo “Città della scienza” di Bagnoli era certamente il mio preferito, perchè non dovevi solo guardare, ma potevi interagire con le installazioni. Certo non si può interagire con la Gioconda, ma trovarsi di fronte a lei significa in qualche modo parlarle e conoscerla.
Il museo ti mette di fronte, faccia a faccia, ad un’opera o una tecnologia. Per cui per me il museo è fare un’esperienza e l’esperienza è un ottimo metodo per imparare e conoscere.

Network Museum – Perché l’ingegneria aerospaziale?

Gelsomina Nardo – Tantissime volte ho risposto a questa domanda! Quello che ho scelto incuriosisce molti perchè sembra straordinario ed in effetti lo è. Ho scelto ingegneria aerospaziale perché il mio tempo preferito è il futuro, volevo raggiungere il limite e superarlo!
La verità è che l’ingegnere aerospaziale può avere moltissimi ruoli nel mondo del lavoro. Può fare un lavoro d’ufficio ma ciò che alla fine realizzi arriva davvero lontano e, anche se è ancora presto per poter raccontare una mia esperienza a riguardo, so che, quando vedi il tuo lavoro volare via, è un’emozione unica.
Amo le sfide e il mondo che ho scelto ne ha tutti i giorni, comunque amavo la matematica e la risoluzione dei problemi.

Network Museum – Vi è ed ha ancora ragione di esistere la separazione tra l’ambito culturale scientifico e quello umanistico? Perché?

Gelsomina Nardo – Dividi e conquista! La separazione tra i vari ambiti ha senso se pensiamo al fatto che quando vogliamo descrivere o comprendere un organismo, biologico o sociale, spesso ci troviamo di fronte ad una struttura complessa.
L’approccio di modellare la realtà e scomporla in modo da comprenderne una parte alla volta non è banale. Però, dobbiamo riconoscere che questo metodo ha i suoi limiti!
La divisione può essere applicata ma non in maniera rigida principalmente perché nel “mondo reale” questo dualismo non è naturale.
Quando si studia un problema, in ingegneria, quello che si fa sempre è modellare la realtà cioè semplificare, considerare solo delle forze, quelle principali, e trascurare quello che, al momento, è secondario. Una volta che si è risolto questo problema più semplice, andiamo avanti ed aggiungiamo un livello di complessità, fino a raggiungere, quanto più possibile la realtà.
Usando questo paragone, direi che è arrivato il momento di aggiungere un livello di complessità, di considerare anche l’aspetto umanistico di un problema tecnico.

Network Museum – Quali vantaggi possono essere apportati dalla confluenza dei due ambiti?

Gelsomina Nardo – Si dice che gli ingegneri non siano abili comunicatori e molto spesso è vero. Eppure, le riunioni, per noi, sono all’ordine del giorno perché per costruire auto, navi o aerei devi coinvolgere persone con conoscenze in diversi settori.
In questi casi, una comunicazione efficace e chiara sarebbe fondamentale per poter essere ben compresi. Non è necessario essere uomini di lettere; parlare ed ascoltare sono cose che impari a scuola, ma non vanno dimenticate. In questo senso, credo che anche per persone che, ad un certo punto della loro vita, intraprendono un percorso tecnico-scientifico, queste qualità che potremmo catalogare come di tipo umanistico, dovrebbero essere ribadite e fortificate.
Ci sono poi persone che non si sentono né scienziati né letterati e per loro, sono pochi i percorsi didattici o i posti di lavoro. Eppure, non è innaturale avere passione per la musica ed essere bravi in matematica.
Inoltre, la scienza non può prescindere dalla storia e dalla cultura del suo tempo. Se la società vuole internet e digitalizzazione, la maggior parte degli studi saranno nel settore. Così un ragazzo che ha, giustamente, interesse a trovare lavoro dopo gli studi, sceglierà informatica piuttosto che arte anche se l’arte era la sua passione.
Io credo che i cosiddetti scienziati avrebbero molto da imparare da coloro che hanno fatto dell’arte la loro vita. E gli umanisti dovrebbero guardare con meno diffidenza gli scienziati. Anche se non lo danno a vedere, anche loro hanno emozioni!!

Network Museum – Alcuni studi ci raccontano di una generalizzata carenza di cultura scientifica nel nostro paese: perché? Come dovrebbe evolvere questo aspetto della conoscenza e quali effetti potrebbe produrre? 

Gelsomina Nardo – Non sono in grado di dare una risposta completa ed assoluta alla domanda, parlerò della mia esperienza personale relativa al rapporto tra la scienza e le persone.
Molti sembrano quasi temere il mondo scientifico. Sin dal liceo (ho frequentato un liceo classico), moltissimi miei compagni avevano l’idea fissa di non poter comprendere certe cose, come se fossero fuori dal mondo e solo per pochi. Così, fuori dall’ambiente scolastico, noto un rifiuto analogo ad approcciarsi alla scienza. Questo non fa altro che accrescere la diffidenza nei confronti della cultura scientifica, come di qualcosa di troppo lontano per essere compreso. Tutti usiamo strumenti molto tecnologici imposti dal mercato e dal progresso, eppure, in pochissimi sanno cosa c’è dietro.
A mio parere, molto spesso la scienza viene vista come una scatola chiusa, che fa quello che tu gli dici di fare. Questo fa comodo al consumatore e al venditore e i mercati spingono sempre di più verso una semplificazione per l’utente.
Come spingere le persone ad avvicinarsi alla scienza? Sicuramente la scuola deve fare la sua parte ma non è semplice. In questo, anche i musei, possono fare la differenza.
Il metodo per imparare la scienza non deve essere fermo a quello di imparare tutto per nozioni e teoria. Questo approccio in Italia si usa dal liceo all’università.
Ho studiato anche all’estero e quello che ho notato è che l’approccio alla materia ingegneria è completamente stravolto rispetto a quello a cui siamo abituati. Lì si impara provando a realizzare un prodotto finale e quindi si studiava la teoria assieme alla pratica.
I metodi per la diffusione della cultura scientifica possono essere rivisti e questo non significa semplificare e basta, significa innanzitutto cominciare ad aprire le porte a coloro che credono di non essere in grado di comprendere.

Network Museum – Si assiste ad una continua attività da parte delle istituzioni culturali, per promuovere le visite presso i musei e la lettura. Evidentemente l’esercizio di tali attività è ritenuto non adeguato. Come dovrebbe esprimersi la diffusione del sapere, ed in particolare quello umanistico, per poter raggiungere platee sempre più ampie?

Gelsomina Nardo – Si potrebbe rendere lo spettatore più partecipe, si dovrebbe sfruttare di più il mondo social, avere un’esperienza museale che cominci da prima dell’ingresso e continui dopo. E poi si potrebbero coinvolgere gli esperti del settore, coloro che con le opere esposte nel museo ci lavorano.
Ad esempio, studenti e professori, potrebbero sviluppare i propri progetti e studi condividendoli con gli utenti del museo, questa potrebbe essere un’occasione di crescita per entrambe le parti.
Si potrebbe far conoscere tutto ciò che c’è dietro le quinte. Io sarei interessata ad un museo così, sarebbe meno passivo rispetto ad un insieme di quadri che se non conosci non riesci ad apprezzare.
In fondo, ogni opera racconta una storia.

Network Museum – Tornando al suo ambito di specializzazione: l’esplorazione e la presenza della specie umana nello spazio come influenzerà la nostra espressione culturale?

Gelsomina Nardo – Anche se siamo lontani dal conoscere gli effetti della presenza umana nello spazio, spero che quando accadrà possa portare soprattutto ottimismo e speranza verso il futuro. Quando l’uomo andò sulla Luna, moltissimi alzarono gli occhi al cielo e scommetto che tanti ragazzi scelgono di studiare materie come la mia (compresa me) perché ispirati da quell’enorme successo. Per cui ci vedo sicuramente una forte spinta verso le materie scientifiche. Probabilmente ci sarà un risorgimento con tutte le nuove scoperte dovute allo sforzo per arrivare su altri pianeti e all’esplorazione stessa. Ne beneficeranno l’ingegneria perché le sfide tecnologiche affrontate porteranno a invenzioni molto importanti; la medicina, la biologia e la psicologia perché le missioni spaziali su altri pianeti richiedono tempi lunghi e scopriremo tante cose su noi stessi, la nostra mente e il nostro corpo; le scienze dei materiali e geografiche e così via.
Magari nasceranno musei che ci racconteranno Marte e la nuova storia dell’uomo.
Jules Verne aveva solo immaginato un viaggio sulla Luna, adesso nuove opere la racconteranno e altri autori immagineranno di volare ancora più lontano.

Network Museum – Come giudica il sistema museale nazionale e, in genere, il sistema di promozione della cultura in Italia, soprattutto per quanto concerne il comparto scientifico e tecnico?

Gelsomina Nardo – Non vedo una cultura museale scientifica forte in Italia. Sicuramente questo è dovuto al fatto che, tradizionalmente, in Italia si punta molto di più su altri settori come quello artistico o archeologico. Non è una cosa negativa, la storia e l’arte del nostro paese sono famosi in tutto il mondo ed è naturale che il focus di molti musei e mostre sia la tradizione artistica italiana. Tuttavia, affinché vi sia una promozione della cultura scientifica è bene anche far conoscere i grandi successi raggiunti dagli italiani nel campo scientifico. Non tutti sanno che l’Italia ha contribuito e contribuisce al programma della ISS, la stazione spaziale Internazionale, in maniera significativa. La famosa Cupola da cui provengono le stupefacenti fotografie della Terra, è made in Italy.
Qualche iniziativa per far conoscere questo già c’è ed è spesso sostenuta dalle aziende che hanno lavorato a questi progetti, ma ci potrebbe essere molto di più a livello nazionale.

Network Museum – Come immagina il suo futuro…?

Gelsomina Nardo – Il mio futuro non lo immagino molto diverso dal presente, pandemia a parte, si spera. So che nel mondo in cui siamo il mio ruolo è svolgere il lavoro che sto svolgendo. Sarà necessario continuare a percorrere la strada che lentamente ci porterà su Marte e oltre. Mi immagino un impegno sempre crescente perché bisogna adattarsi e inventare nuovi metodi e tecniche ma sicuramente questa sarà la parte migliore!

Network Museum – …e, alla luce di quanto sino ad ora espresso, quello dei musei?

Gelsomina Nardo – Il futuro dei musei lo vorrei più coinvolgente di come non sia adesso. Ultimamente sono stata in un museo e una delle cose che mi ha colpito di più è stata una esposizione temporanea che mostrava come gli studiosi scoprono tantissime informazioni tramite metodi non invasivi per le analisi su un reperto archeologico.
Quello ha certamente incuriosito la mia parte da ingegnere ma non mancava il lato artistico o emozionale. I musei del futuro me li immagino quindi multidisciplinari e di conseguenza più inclusivi e meno elitari di quanto non siano adesso.

Network Museum – Ora la domanda collegata al tema dell’anno:  come influiscono i musei sul processo di configurazione esistenziale delle persone?

Gelsomina Nardo – Il museo è una rapida inquadratura nella vita di qualcuno. Ogni artista, autore, scienziato, uomo comune ha contribuito a portare lì esposto quello che stai osservando. Sta al museo e all’osservatore poter percepire il messaggio che un’opera lascia. Quando ciò accade l’influenza sulla propria vita potrebbe essere sconvolgente, si impara molto su se stessi osservando gli altri e si impara magari che delle cose ti emozionano più di altre. Vedere per la prima volta o anche per l’ennesima quella particolare opera che ti emoziona apre le porte al bello nella propria vita. Credo quindi che il ruolo del museo nel processo di configurazione esistenziale sia quello di ispirare. 

Riproduzione riservata © Copyright Infogestione


Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.

Titolo: “L’aspetto umanistico del problema tecnico”
Sezione: “NM Storie”
Autore: Network Museum
Ospite: Gelsomina Nardo
Codice: INET2101041600MAN/A2
Ultimo aggiornamento: 05/01/2021
Pubblicazione in rete: 4° edizione, 05/01/2021

Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti:  Network Museum
Fonte immagine: Cupola della Stazione Spaziale Internazionale © Agenzia Spaziale Italiana https://ambiente.tiscali.it/
Fonte video e contenuti multimediali:

Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema:


Articoli correlati

Inizia a scrivere il termine ricerca qua sopra e premi invio per iniziare la ricerca. Premi ESC per annullare.

Torna in alto