Una archeologa “high tech”

A cura della redazione di Network Museum

Fonte immagine:
libero adattamento tratto da una sequenza
del film Stargate
(USA – 28 ottobre 1994 – regia di Roland Emmerich – produzione:
Metro-Goldwyn-Mayer,Carolco Pictures, Studio Canal,
 Centropolis Entertainment – paesi di produzione: USA, Francia)

NM lavoro è un programma di INFOGESTIONE – NETWORK MUSEUM, il cui obiettivo è quello di indagare il “mercato del lavoro” in ambito culturale.

In particolar modo tale iniziativa vuole esplorare le dinamiche, con cui il settore esprime occupazione, il motivo di tanto precariato, dell’inadeguato trattamento economico di molte figure professionali, nonché della scarsa considerazione sociale del lavoro culturale, facendosi espressione di quelle tante voci appartenenti a quelle professionalità ed opportunità mancate o negate.

Riteniamo che indagare questi aspetti sia assolutamente obbligatorio, oltre che opportuno, per un progetto, come Network Museum, teso ad interpretare, ormai da diversi anni, il ruolo di pubblicazione scientifica dedicata alle scienze museali.

Diamo corso a questo nostro nuovo progetto, presentando la nostra prima ospite: Michela Pizzo Amato, archeologa, cultrice e sostenitrice delle applicazioni tecnologiche a favore della ricerca archeologica e della divulgazione culturale in genere.


Michela Pizzo Amato

Michela Pizzo Amato
È nata a Torino nel 1989 in una famiglia, per cui arte e cultura hanno sempre avuto grande valore. Le numerose visite a musei, mostre e città d’arte ed i libri, che le sono stati regalati sin da bambina, hanno sicuramente contribuito a far nascere in lei la passione per i beni culturali.

Dopo le scuole medie, ha scelto di frequentare il liceo classico, per ampliare le sue conoscenze in tale ambito. Dopo il diploma ha deciso definitivamente che la cultura doveva essere alla base del suo lavoro.
Si è laureata all’Università degli studi di Torino, prima in Beni Culturali e poi in Archeologia e Storia Antica, ottenendo il massimo dei voti nonostante alcune difficoltà, che la vita le ha riservato, aspetto per cui è particolarmente orgogliosa del risultato raggiunto.
Nel suo curriculum spicca la tesi di laurea magistrale, per redigere la quale Michela Pizzo Amato ha avviato, di propria iniziativa, una collaborazione con l’Ufficio dei Beni Culturali del Canton Ticino, da cui è scaturita una ricerca, che individuava aspetti e ricadute utili per lo stesso territorio elvetico. Da tale esperienza ha tratto la convinzione che la tecnologia dovesse essere sfruttata per valorizzare i beni culturali. Assecondando tale ispirazione ha frequentato un corso di fotogrammetria e ricostruzione 3D, creando la modellazione 3D di uno dei reperti oggetto della sua ricerca e stampandolo, sempre in 3D, grazie alla collaborazione del Politecnico di Torino.
Attualmente in cerca di occupazione, è fermamente convinta di voler dedicarsi alla diffusione della cultura, soprattutto quella nazionale, per farla apprezzare e comprendere a quanti più possibile.


Ulteriori fonti ed informazioni sull’Ospite:
https://www.linkedin.com/in/michelapizzoamato/


Network Museum – Chi è Michela Pizzo Amato?

Michela Pizzo Amato – Sono una persona decisa e combattiva, ho sempre cercato di affrontare le difficoltà ed i problemi, che mi si sono presentati, con ostinazione. Spesso, infatti, mi è stato detto che una delle mie principali qualità è la resilienza.
Ho sempre amato l’arte, la storia e la cultura e per questo ho deciso di farne il mio lavoro, studiando archeologia. Fin da bambina, però, ho anche avuto una buona predisposizione all’informatica: per questo adesso uno dei miei obiettivi è quello di sfruttare la tecnologia, per valorizzare la cultura, che sono convinta sia essenziale integrarla nello studio dei beni culturali. Antico e moderno possono e devono convivere.

Network Museum – Cos’è la cultura per Michela Pizzo Amato?

Michela Pizzo Amato – Ho sempre visto la cultura come qualcosa di superiore alle cose materiali e tangibili della vita, qualcosa in grado di elevare la mente umana e portarla fuori dall’ordinario.
La cultura è in grado di rendere sensibili gli uomini alla bellezza, allo stesso tempo crea introspezione, ma apre la mente al diverso e lo fa apprezzare, crea condivisione e scambio di pensieri. La cultura ci aiuta a capire chi è l’essere umano e che lo scopo della sua vita non è solo la pura sopravvivenza, ma quello di vivere in pienezza ogni momento ed ogni cosa.

Network Museum – Cos’è un museo ed a cosa serve?

Michela Pizzo Amato – Il museo dovrebbe essere un luogo dove la cultura viene condivisa, insegnata e appresa. È sicuramente il luogo dove le opere possono essere conservate e tramandate ai posteri, ma la sua funzione non si deve limitare a quella di mero contenitore. Il museo deve essere in grado di rendere la cultura fruibile e comprensibile per tutti, in modo che chiunque possa apprezzarla, assimilarla e uscire, avendo ampliato il proprio bagaglio culturale personale, espanso la propria mente, ora stimolata a imparare sempre qualcosa di nuovo e diverso.

Network Museum – Perché e come è diventata archeologa?

Michela Pizzo Amato – Le origini di questa mia scelta probabilmente risalgono già ai tempi della scuola elementare. La storia e l’arte mi appassionavano già all’epoca, mi piaceva leggere i miti greci e romani, guardavo ore ed ore di documentari e adoravo andare nei musei.
Mi è sempre sembrato incredibile poter osservare manufatti risalenti a uomini così lontani da noi, ma allo stesso tempo spesso così simili.
Per questo ho deciso inizialmente di frequentare il liceo classico e, dato che questa passione proseguiva, mi sono poi iscritta a Beni Culturali, decisa a farne il mio lavoro.
Come archeologa vorrei trasmettere questa mia passione, renderla comprensibile, ampliare le nostre conoscenze e condividerle con il mondo.

Network Museum – Cosa fa una archeologa ed a cosa serve l’archeologia?

Michela Pizzo Amato – L’archeologo è prima di tutto un ricercatore, sonda la storia e la cultura del passato in cerca di qualcosa di ancora sconosciuto. Cerca di dare un’identità a ciò che l’ha persa, aggiungendo sempre nuovi tasselli alla storia dell’uomo in modo che anche la nostra stessa identità sia sempre più ricca: per me è proprio questo lo scopo dell’archeologia.
Probabilmente molti hanno in mente l’archeologo come una figura costantemente impegnata a scavare sui siti archeologici, in luoghi remoti, con una vita avventurosa all’Indiana Jones. Sicuramente il momento di una nuova scoperta fa sentire quel brivido di emozione e avventura, ma l’archeologo non si limita a questo. Oltre che sullo scavo la ricerca va compiuta fra le fonti e negli archivi, confrontando il proprio oggetto di ricerca con quello di altri. L’archeologo deve poi essere anche un bravo divulgatore, il frutto del suo lavoro infatti deve essere condiviso e insegnato al mondo, una ricerca fine a se stessa, che rimane disponibile solo per la comunità scientifica, è una ricerca che ha perso il suo scopo.

Network Museum – Quali sono gli sbocchi professionali di tale professione?

Michela Pizzo Amato – L’archeologo può fare il ricercatore, il divulgatore, occuparsi di collezioni museali e della gestione stessa del museo, può lavorare per delle case editrici, che si occupano anche di storia e cultura, può far parte di associazioni e fondazioni culturali: in pratica può occuparsi di tutto ciò che è volto alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale.

Network Museum – Quali sono gli ostacoli, che ha dovuto superare, per accedere alla professione di archeologa?

Michela Pizzo Amato – L’ostacolo più grande per chi vuole lavorare nel nostro campo è sicuramente la sottovalutazione dell’importanza della cultura e, di conseguenza, delle figure professionali, che se ne occupano. La cultura è vista come qualcosa di superfluo che, dato che non crea ricchezza, non va finanziata. Di conseguenza i luoghi dove poter trovare lavoro sono davvero scarsi e poco incentivati ad assumere nuovi impiegati.
Credo che questo non danneggi soltanto la cultura e chi voglia lavorare in questo settore, ma danneggi anche l’economia, perchè la cultura, specialmente in un paese che possiede il 60% dei beni culturali dell’intero pianeta, potrebbe essere un importante fattore di ricchezza e, se trattata con il giusto rispetto, potrebbe dare lavoro a moltissime persone.

Network Museum – Il sistema universitario attiva strumenti per favorire l’assorbimento dei laureati nel mondo del lavoro?

Michela Pizzo Amato – L’Università offre un servizio online chiamato Job Placement, dove le aziende possono segnalare stage e proposte di lavoro, a cui studenti e laureati possono candidarsi. L’Università quindi non ha un vero ruolo attivo, offre più che altro un luogo di scambio di domanda e di offerta di lavoro.
Purtroppo quello che ho potuto constatare è che questo servizio è utilizzato in maggioranza, se non per la quasi totalità, dalle grandi aziende, che si occupano di industria, informatica, consulenza e finanza: niente di utile per chi cerca lavoro nella cultura.

Network Museum – Gli enti e le imprese, che fruiscono dell’operato degli archeologi professionisti, come cercano tali risorse e cosa prospetta loro l’ambito professionale?

Michela Pizzo Amato – Purtroppo questa è una domanda alla quale a malincuore non so rispondere. Da quando cerco lavoro non ho ancora trovato nessun ente o impresa in cerca di archeologi.
Quando mi iscrivo a dei siti per la ricerca del lavoro quasi sempre mi capita, addirittura, che la mia professione ed il mio percorso di studi non vengano nemmeno contemplati nelle scelte da effettuare per la compilazione del proprio profilo.
La mia impressione è che nella situazione attuale l’archeologo sia visto come non necessario e che i luoghi, dove potrebbe lavorare, non abbiano le risorse necessarie per assumerlo.

Network Museum – Cosa accade all’estero a tale proposito?

Michela Pizzo Amato – Paragoni con l’estero posso farli con la Svizzera e con l’Inghilterra, perchè ci sono stata di persona. La cosa che mi colpisce sempre di più, per quanto riguarda il nostro settore, è come il lavoro sia suddiviso in maniera più efficace. Il lavoro che qui è affidato ad una singola persona, che si ritrova magari oberata di compiti, lì è diviso fra più figure. In questo modo non solo si dà da lavorare a più persone, ma allo stesso tempo si dà la possibilità di svolgere meglio il proprio compito. Inoltre ho potuto riscontrare maggiore attenzione e comprensione verso la cultura e questo aumenta senz’altro il fabbisogno di figure professionali che se ne occupano.

Network Museum – Come giudica il sistema museale nazionale ed in genere il sistema di diffusione della cultura in Italia? Quali differenze riscontra rispetto all’estero?

Michela Pizzo Amato – Datato e pigro. La nostra fortuna di possedere un patrimonio culturale così vasto ha reso in qualche modo pigro il sistema museale e di divulgazione in generale. La mia impressione infatti è quella che si dia per scontato che chiunque sia interessato al nostro patrimonio perchè possediamo monumenti del calibro del Colosseo o della Cappella Sistina; di conseguenza è ovvio che tutti vogliano visitare i nostri musei e siti di interesse culturale e che questi non richiedano un grande sforzo per essere offerti al pubblico, perchè già di per sé sono magnifici e possono piacere a tutti. Se non sono compresi non è un nostro problema, è colpa dell’ignoranza dei turisti.
Questa visione ha cristallizzato il sistema museale italiano nella convinzione che non ci sia niente da migliorare. Inoltre ha danneggiato opere e monumenti di importanza apparentemente inferiore a quelli più noti, che per non essere famosi sono stati trascurati e non sono mai stati valorizzati.
All’estero, avendo un patrimonio culturale più ristretto, valorizzano tutto. Anche l’opera all’apparenza più insignificante è proposta come un oggetto di grande valore, di cui bisogna essere orgogliosi. Così accade che per le strade si incontrino piccoli monumenti messi in risalto da illuminazioni e cartelli, che raccontano la loro storia, se non addirittura accompagnati da dei propri micro musei.
I musei invece, dal canto loro, non danno per scontato che tutti siano interessati alle opere che custodiscono. Si impegnano per valorizzarle e renderle comprensibili a tutti, cercando costantemente nuovi modi per stimolare la gente a visitarli di frequente, perchè il museo non deve essere un luogo da visitare una sola volta nella vita e deve essere capace di offrire sempre qualcosa di nuovo e interessante.

Network Museum – Modificando il modo di diffondere la cultura si potrebbe ottenere un sistema più efficiente e capace di aumentare la domanda di figure professionali? Quali modifiche si sentirebbe di consigliare? La tecnologia che ruolo potrebbe giocare in tal senso?

Michela Pizzo Amato – Sicuramente cambiando il modo di diffondere la cultura si aumenterebbe la domanda di figure professionali, perchè, per rendere il sistema più efficiente, sono necessarie molte più persone.
Le modifiche dovrebbero essere numerose, ma non sarebbe complicato apportarle. La difficoltà principale credo che sia riuscire a cambiare la concezione di museo. In questo momento, per come la vedo io, la maggior parte dei musei è solo un grande contenitore e raccoglitore di opere e la volontà di cambiare mi pare sempre molto debole. Dunque il primo passo è capire che il museo non deve essere un luogo passivo, che mette semplicemente in mostra le sue collezioni, ma deve essere un luogo attivo di insegnamento e trasmissione di cultura. Una parola che esprime bene il mio pensiero a proposito è “edutainment”, che descrive il concetto del voler educare divertendo. I musei sono sicuramente un luogo importante di apprendimento, nessun libro potrà mai esprimere la grandezza di certe opere come possono fare le opere stesse quando vengono apprezzate dal vivo. Mettere, però, in mostra queste opere accompagnandole da una semplice descrizione non è una maniera efficace di creare apprendimento. È risaputo che il cervello assimili meglio, quando le informazioni sono accompagnate da stimoli emotivi, e, inoltre, non è necessario dire che chiunque sarebbe più propenso a visitare un museo divertente piuttosto che uno noioso. Il museo non dovrebbe essere un posto dove recarsi quando piove come ultima opzione rimasta o un posto dove trascinare a forza i bambini contro la loro volontà. Dovrebbe essere un luogo stimolante ed emozionante.
Per attirare il pubblico i musei potrebbero essere più accoglienti. A volte mi sembra che siano pensati per affaticare i visitatori: percorrere sale e sale senza mai potersi sedere è scoraggiante. Perchè non creare dei luoghi, non solo di sosta, ma anche dove potersi fermare ad ammirare meglio le opere? Ci sono alcuni quadri o statue davanti ai quali personalmente spenderei una buona mezzora in ammirazione, ma in piedi questo diventa quasi impossibile. Inoltre pochissimi musei
sono forniti di un’area ristoro, ma anche questo punto non va sottovalutato. Sapere di poter fare una pausa dalla visita con un pranzo o una merenda sicuramente aumenterebbe la propensione a trascorrere diverse ore all’interno di un museo.
Passando invece a temi più “intellettuali”, credo che un punto di svolta nell’evoluzione del museo lo potrebbe dare la tecnologia e l’uso del 3D. Modelli 3D di opere e reperti esposti in un museo potrebbero essere presentati su schermi touch all’interno delle sale. Il visitatore potrebbe, così, interagire con l’oggetto, manipolandolo virtualmente, visionandolo in un ipotetico ambiente di appartenenza o con l’aspetto che doveva
avere in origine. I bambini, ma anche gli adulti, potrebbero divertirsi a ridipingere virtualmente quadri o affreschi. Con la realtà virtuale poi si potrebbe creare una visita completamente immersiva di antichi siti archeologici, come se il visitatore si trovasse davvero sul luogo.
Si potrebbe poi compiere un ulteriore step stampando in 3D alcuni di questi modelli in modo da poter essere toccati, indossati, sperimentati veramente, così da far sentire il visitatore partecipe e coinvolto.
L’uso del 3D potrebbe aiutare i musei anche ad uscire dalle proprie mura. L’emergenza sanitaria, che stiamo vivendo, ha dimostrato proprio quanto sia necessario questo passo. Visitare un museo dal vivo rimarrà sempre un’esperienza più affascinante, ma spesso, per vari motivi, questo non è possibile. In questo periodo, in particolare per la pandemia, ma anche in situazioni di normalità, non è scontato che una persona possa raggiungere il museo se ad esempio abita dall’altra parte del mondo. I musei dunque dovrebbero aprire le loro porte anche virtualmente, lasciando scoprire a tutti le loro opere attraverso i modelli 3D, senza tralasciare che anche questo tipo di visita potrebbe creare un introito.
Vorrei poi parlare anche di un altro aspetto: credo che i cittadini debbano sentire il museo come un luogo proprio, da vivere a 360 gradi, dove ci si reca quasi quotidianamente. Per fare questo bisogna superare il timore di dissacrare il museo, facendogli ospitare eventi non del tutto intellettuali e culturali. Una bella caffetteria accessibile a tutti richiamerebbe gente ogni giorno ed il museo potrebbe facilmente pubblicizzarsi ed apparire come luogo confortevole e piacevole, dove trascorrere il tempo. Alcuni musei poi possiedono sale molto grandi dove si potrebbero svolgere senza problemi delle feste e degli eventi “mondani”. Se il Natural History Museum di Londra può organizzare cocktail party dopo l’orario di chiusura senza perdere la sua aurea di magnificenza e la sua credibilità allora credo che possa essere un modello da imitare senza esitazione.
Molti musei all’estero, poi, ospitano anche eventi privati come pranzi o cene, lasciando che le loro mura fungano da splendida cornice.
Le attività che un museo potrebbe offrire sono quasi infinite e non devono essere per forza complicate: anche semplici giornate a tema potrebbero contribuire ad avvicinare i visitatori.
Non è necessario dire che tutto questo farebbe aumentare considerevolmente gli incassi di un museo, che potrebbe così investire di più nell’assunzione di professionisti e nella valorizzazione delle proprie opere.

Non è necessario dire che tutto questo farebbe aumentare considerevolmente gli incassi di un museo, che potrebbe così investire di più nell’assunzione di professionisti e nella valorizzazione delle proprie opere.

Network Museum – Come immagina il suo futuro e quello dell’archeologia?

Michela Pizzo Amato – È un momento decisamente complicato, per riuscire a immaginare il futuro: ci sono molte incertezze e poca iniziativa. Nonostante questo io voglio continuare a cercare lavoro nel mio campo e, se immagino il mio futuro come lo vorrei, mi vedo a lavorare, per contribuire a valorizzare e diffondere il nostro patrimonio culturale.
Per quanto riguarda l’archeologia credo che potrà avere un futuro roseo se saprà sfruttare al meglio quello che le può offrire la tecnologia.

Network Museum – …e quello dei musei?

Michela Pizzo Amato – I musei potrebbero avere uno splendido futuro se sapranno rinnovarsi costantemente senza mai credere di aver raggiunto la perfezione. Dovranno sempre sapersi adattare alle nuove esigenze della società e sfruttare anche loro la tecnologia. I musei di domani dovranno conservare il loro luogo fisico, ma dovranno saper entrare anche nelle case della gente e nella loro vita quotidiana.

Network Museum – Ora la domanda collegata al tema dell’anno: cosa e come comunicano i musei?

Michela Pizzo Amato – I musei hanno questa meravigliosa possibilità di trasmettere la cultura e la storia dei nostri predecessori rendendoci consapevoli che si tratta anche della nostra cultura e della nostra storia e di non farlo semplicemente a parole, ma attraverso l’uso di tutti i sensi, primo fra tutti la vista ovviamente, ma anche tatto, olfatto e udito possono essere coinvolti se il museo è capace di comunicare bene con il pubblico. Il museo quindi ha l’opportunità di coinvolgere il visitatore e fargli apprendere la cultura come nessun’altra forma di divulgazione può fare, non bisogna assolutamente sottovalutare questo fattore e sprecarlo.

Riproduzione riservata © Copyright Infogestione


Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.

Titolo: “Una archeologa high tech
Sezione: “NM lavoro”
Autore: Network Museum
Ospite: Michela Pizzo Amato
Codice: INET2007271000MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 28/07/2020
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 28/07/2020

Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: INFOGESTIONE – NETWORK MUSEUM
Fonte immagine: immagine reperita in rete Internet priva di attribuzione della proprietà intellettuale
Fonte video e contenuti multimediali:

Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema:
https://www.linkedin.com/in/michelapizzoamato/
https://www.networkmuseum.com/2019/06/26/nm-lavoro/


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