Più albe che oriente

di Gian Stefano Mandrino

Capita di essere sovrappensiero e che immagini e ricordi, quasi come scolari all’uscita della scuola l’ultimo giorno prima delle vacanze, si riversino nella nostra mente, per qualche momento priva di controllo volontario.

In uno di questi momenti di “cerebro stand by” (modalità amata ed ambita dai miei poveri neuroni) si è liberata dai miei ricordi più profondi una frase, che da oltre trent’anni non sentivo: “Ci sono più albe che oriente!”.

L’autrice o, quantomeno, la voce narrante di questo adagio popolare, si spense più di trent’anni fa (esattamente come la fiammella di una candela), serenamente, quasi novantenne, nel sonno, nel proprio letto.

Era rimasta orfana di padre all’età di otto anni, aveva aiutato sua madre ad accudire due fratellini più giovani, nelle difficoltà sociali della condizione femminile dei primi del ‘900. Aveva visto e subìto i conflitti del secolo, aveva pure superato la spagnola. Era mia nonna: dolce, ma di carattere, sorridente, vecchia come la nonnina della confezione di latta del cacao Talmone, bella, come una volta sapevano essere belle le donne semplicemente donne. Era tesa, nella sua semplicità e, forse, senza neppure averne consapevolezza, al futuro, al superamento del contingente doloroso, problematico. Era una donna di fede, ma concreta. Recitava il rosario con il cuore, senza che le importasse più di tanto se la dizione latina fosse corretta o fosse un insieme di suoni latino – simili. Credeva di essere viva e che la sua vita fosse parte di qualcosa di importante, dalle tante espressioni: Dio, la famiglia, la madre, i fratelli, l’adorato marito, la figlia, i nipoti, la compassione verso i meno fortunati, il garbo, l’affabilità, la sua Liguria, il pranzo o la cena per gli uomini, che tornavano dal lavoro (si usava così, una volta, per affermare servizio, autorevolezza ed affetto). Comunque fosse andata la giornata, la sera, davanti al piatto della cena, si faceva il segno di croce in ringraziamento per quanto ricevuto, certa della bellezza del domani e del suo posto in cielo assieme all’amato e rispettato coniuge.

Ho desiderato condividere, in questa copertina, quel suo adagio e quella sua vita per molti, forse, così banale, ma, ai miei occhi, così eccezionale nella capacità di proseguire, anche “in direzione ostinata e contraria”, la sua esistenza e di creare “normalità” in qualunque situazione si trovasse, sorridendo alla vita stessa.

Da piccolo, se avevo paura del buio non mi sgridava, ma mi prendeva per mano e mi portava, con dolcezza senza mai forzarmi, all’origine del mio timore, per farmi comprendere che i fantasmi delle mie paure svanivano andando loro incontro, con lucidità, con umiltà, ma consapevoli della nostra vera ricchezza: la fede nella vita, nella nostra specie e nella ricerca del nostro ruolo nell’universo. Se qualcosa, poi, ci ostacola, poco importa: ci sarà, comunque, una nuova occasione, una nuova alba, anche se si raggiungesse il limite della Terra, ovvero se si disperasse di risolvere l’irrisolvibile.

A tutti voi il mio ed il nostro ringraziamento per un anno difficile, per molti drammatico e disperato, che, comunque, ci ha permesso di comprendere qualcosa di più della nostra esistenza e di procedere nel nostro percorso, anche e soprattutto con il vostro insostituibile aiuto.

Auguro ai nostri lettori, ai nostri collaboratori ed ai miei colleghi un nuovo anno colmo di salute, di pace, di serenità, di prosperità e, soprattutto, di consapevolezza per quello che è stato, per ciò che è e per ciò che potrebbe divenire, certo che vi siano più albe che oriente.

Grazie nonna!

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Titolo: “Più albe che oriente”
Sezione: “La copertina”
Autore: Gian Stefano Mandrino
Codice: INET2012221716MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 22/12/2020
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 22/12/2020

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