In direzione ostinata e contraria

di Gian Stefano Mandrino

“Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
Col suo marchio speciale di speciale disperazione
E tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
Per consegnare alla morte una goccia di splendore
Di umanità di verità”
(Smisurata preghiera – Fabrizio De André)

Con animo sospeso, con un cuore da nomade e uno da disadattato, come magi smarriti, riprendiamo il nostro mestiere di chiedere e domandarci cosa mai possa significare fare cultura e chiuderla nei musei.

Dopo anni di tribolazione (come per tutti e grati per non aver nessuno, per il momento, che ci spari sulle case), ripartiamo mesti, stupiti da come in questi ultimi anni, quelli del Covid tanto per intenderci, la comunità scientifica, alla quale apparteniamo, abbia dato, come rare volte nella storia, fulgidi esempi di sprovvedutezza, a cui la cosiddetta società civile ha risposto con altrettanta perniciosa esibizione di ignoranza in materia scientifica (e non solo) e le cui cause sono facilmente imputabili a un sistema scolastico – educativo – formativo nazionale inadatto o, per amore di oggettività ma quale terribile aggravante, utile non a tutti.

In questi anni, ben lungi dal poter essere messi alle spalle, visto che gli effetti di quanto accaduto perdureranno a lungo, ci sono tornati alla mente le espressioni di chi non voleva comprendere l’importanza di creare e avvicinare le persone a una cultura di consapevolezza esistenziale, individuale e collettiva. Come se tutto fosse risaputo, dominabile, come se fossimo padroni delle nostre vite, un poco come quelli che sono convinti che le persone siano fautrici del proprio destino. Provate a chiederlo, tanto per continuare con il Poeta, “ai pochi che hanno una donna e qualcosa”, (De André – Il testamento di Tito), appena lo avvertiranno un poco ostile.
Abbiamo fatto tutti una pessima figura, abbiamo e avremo vite ed esistenze altrui sulla coscienza, per aver privilegiato i “come” ai “perché”, l’apparire all’essere, la dotta ignoranza piegata all’opportunità di un immanente oltraggioso della più profonda esigenza umana: giungere alla consapevolezza esistenziale. Abbiamo fatto della povertà cognitiva bandiera, vessillo di una collettività piegata su se stessa, impegnata a elevare istinti sempre più fine a se stessi. Se così non fosse, spiegateci tutto questo millenario sciupìo di energia, di impegno, di sentimenti, di intelligenza, di sudore, di speranza, di patimenti, di lutti, di sorrisi, di poesia, di speranza.

Ripartiamo, per dirla come Paolo di Tarso, tribolati da ogni parte, ma non schiacciati, sconvolti, ma non disperati, perseguitati, ma non abbandonati, colpiti, ma non uccisi. Ripartiamo ancora più consapevoli dell’importanza di avvicinare le persone alla ricerca di quel senso critico e di quella capacità di interpretare, di cercare, di sapere, che ci rende liberi dalla categoria del giudizio ignorante e preconcetto, padre di tante sofferenze e di tante sciagure. Ripartiamo, fiduciosi che sia la comprensione (da non confondere con l’erudizione), l’uso dell’intelletto e della conoscenza a permettere alla nostra specie quell’affrancamento, quella libertà, senza la quale ogni azione, ogni moto d’animo e addirittura la vita stessa sarebbe uno sterile brulichio di masse informi e incontrollate su di un pianeta dalle stesse messo in pericolo, di esistenze prive di significato, scevre addirittura di quell’eroismo, che, seppur insignificante nel contesto dell’universo, solo il dubbio può scatenare, donando senso e funzione alla parola “umano”.

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Titolo: “In direzione ostinata e contraria”
Sezione: “La copetina”
Autore:  Gian Stefano Mandrino
Ospite:
Codice: NET2301171900MAN/A2
Ultimo aggiornamento: 20/01/2023
Pubblicazione in rete: 5° edizione, 20/01/2023
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s

Fonte contenuti: Network Museum
Fonte immagine: https://www.etsy.com/it/listing/886309896/sette-cavalli-che-corrono-in-direzione
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