Ascoltare il silenzio, capire il caos

A cura della redazione di Network Museum

Vi siete mai chiesti di cosa sappia un museo, quale odore abbia, quali sapori lasci in bocca, quale sensazione al tatto, quali immagini alla vista o che suoni emetta? Vi siete mai chiesti, curatori, visitatori e altri che vi aggirate per quelle sale, se vi sia un paradigma organolettico attraverso il quale comprendere la domanda e veicolare l’offerta contenutistica?

Sovente, anzi no, nella maggior parte dei casi, tali dubbi non sfiorano minimamente chi vive troppo spesso di autoreferenzialità grazie a cose che non produce, ma custodisce (speriamo bene) e presenta (e magari pure male). Asseriamo ciò perché, altrimenti, i nostri contemporanei sarebbero diversi, la nostra convivenza non così difficile o forse non così meschina, banale.

Retorica culturale a parte, chi saprebbe spiegare, senza ricorrere alle solite banalità così prive di senso e di vera tensione introspettiva, esistenziale e creativa, in cosa i musei facciano la differenza, come si dice nei film americani? Qual è la cifra di riconoscimento dell’apporto di un sistema museale, a patto che di sistema si possa parlare? “Se il sale perde sapore (ammesso che l’abbia mai avuto, oltre a quello della polvere) con cosa glielo si potrà ridare”?

La tecnologia ci sta creando molti problemi e altrettante opportunità: è un equilibrio, purtroppo instabile, che è sotto gli occhi di tutti. Come sovente avviene, l’approccio al nuovo coinvolge “approcciato e approcciante”, inizialmente, solo attraverso aspetti superficiali, producendo quella deriva “barocca”, che stupisce, traducendo ciò che sino a ora è stato in qualcosa di “fantasmagorico” o, come si dice ora, “di smart”, ma che è la ripetizione, in salsa tecnologica, di cose già preesistenti. Occorrerà fatica e ricerca (attività a noi così cara e vitale) per fruire appieno di tali nuove potenzialità attraverso le quali poter raggiungere nuove frontiere di consapevolezza esistenziale, individuale e collettiva.
Chissà, allora, se un museo potrà essere ricordato per i suoi suoni, o per altre sensazioni e umori, studiati appositamente e consapevolmente coinvolti, non per far stupire o soltanto divertire, ma per permettere una vera connessione cognitiva tra visitatore (o meglio fruitore) e ciò che in un percorso di visita è presentato, al fine di rendere il rapporto con il museo una vera e propria occasione di ispirazione, per poter sviluppare approcci critici, autonomi e prospettive esistenziali coinvolgenti e utili per tutti e ciascuno.

Ragioniamo su questo e su molto altro, anche in questo nuovo corso della sezione Tecnomusei, all’alba della quinta stagione di Network Museum, con Antonio Di Bella, compositore e “sound designer”.


Antonio Di Bella

Antonio Di Bella
Antonio Di Bella e il pianoforte formano una miscela di sapori melodici e percussivi. A formare composizioni sempre originali, accattivanti e molto emozionanti. Da romantiche escursioni al pianoforte fino ad un sound vicino agli arbori del Trip Hop Londinese, senza dimenticare le ultime sonorità EDM.
La formazione è fatta di anni di Studio del pianoforte a cui ha affiancato lo studio del Jazz, della composizione per immagini e del Sound Design. Tra le Scuole frequentate la Civica Jazz di Milano e l’Accademia NAM di Milano.
Professionalità e creatività con una particolare attenzione al dettaglio. Un Project Studio costruito negli anni con il quale si confronta quotidianamente passando dal pianoforte al computer. Infine, il prodotto finito che viene Mixato e Masterizzato in the box grazie all’esperienza formatasi in anni di autoproduzione.
Di Bella è attivo in ambiti di vario tipo: autore, compositore per film, documentari, video, videogame, sound design dal vivo presso teatri, installazioni, sfilate e altro, jingle radiofonici, televisivi, web. Dove c’è bisogno di sonorizzare lui c’è.
Come cantautore, ha realizzato nel 2018 l’EP dal titolo “Fare finta di volare” con il quale, grazie alla canzone “Sono Vivo” è arrivato finalista al Premio Pigro 2018 e tra i finalisti di Casa Sanremo nel febbraio del 2019.

Nel 2021 ha pubblicato le canzoni “Van Gogh” e “Immobile” molto più dettagliate sulle parti elettroacustiche e vicine al mondo della composizione per immagini.
L’attività autorale viene condotta anche grazie anche al progetto “Scrivimi una Canzone” che permette a chiunque di poter dedicare una canzone originale e inedita ai propri cari.
Nel 2022 ha pubblicato “Nessuno è solo”, EP contenente i brani “Nessuno è solo”, “Binario 6” e “Mafia”.
Con “Nessuno è solo” ha partecipato al concorso “Bussola Oggi” ed è arrivato in finale al “Premio Lucio Dalla
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Network Museum – Chi è Antonio Di Bella?

Antonio Di Bella – Sono un compositore e “sound designer”. La mia è una formazione pianistica che parte dalle Scuole elementari e medie e arriva alla Civica Jazz di Milano. Ho sempre amato sia la musica classica che il jazz. Ultimamente sono concentrato sulla musica per immagini e sul sound design, materie in cui mi sono diplomato presso l’Accademia NAM di Milano. Continuo sempre a studiare il pianoforte e ad alimentare le mie conoscenze in ambito informatico e musicale.
Gestisco il mio Studio di Produzione con il quale alterno Sound Design a Musica per il Cinema e al Pop. Ho sempre scritto canzoni e continuo a farlo anche grazie al progetto “Scrivimi una canzone”, pensato per dare a tutti la possibilità di esprimere i propri sentimenti attraverso canzoni personalizzate.

Network Museum – Cos’è la cultura e a cosa serve?

Antonio Di Bella – Domanda molto aperta per la quale non basterebbe questo documento ma ci provo: è il dolcificante che offre un senso alla vita. La vita è un lungo viaggio pieno di insidie e grazie alla Cultura e alla bellezza in genere riusciamo a darle maggiore senso e maggiore importanza.
Non parliamo di intelletto ma di puro desiderio di bellezza e di profondità. Scendere nel cuore delle cose senza mai dare nulla per scontato. Ascoltare il silenzio e insieme, capire il caos.

Network Museum – Cos’è un museo e a cosa serve?

Antonio Di Bella – Penso che un Museo rappresenti la necessità di mantenere stretto a noi il passato.
Una testimonianza di cosa siamo e di cosa siamo stati. La risposta a tanti perché che ci poniamo ogni giorno.
Attraverso la rappresentazione museale possiamo archiviare la nostra Storia lasciando una testimonianza vera e reale a coloro che verranno dopo di Noi.

Network Museum – Che relazione intercorre o quale rapporto può essere suscitato tra oggetti esposti, suoni, parole pronunciate e immagini?

Antonio Di Bella – In qualità di Sound Designer lavoro proprio sul significato della relazione suono-rumore-musica, cercando di affrontare tematiche sociali, ambientali e umane. In un museo si aggiungono gli oggetti, le parole, i testi, le luci e tutte quelle strutture, che danno un significato a ciò che ci viene mostrato. La questione fondamentale, secondo me, è proprio l’aspetto umano della rappresentazione.
Dobbiamo essere protagonisti della storia e non semplici spettatori. Parlo soprattutto dell’utilizzo dell’audio che è il mio campo.
Raccontare attraverso la voce ed emozionare attraverso la musica, può suscitare maggiore coinvolgimento per le persone che frequentano luoghi di cultura. Questo perché verrebbero trasportati direttamente nel luogo stesso da cui deriva l’oggetto esposto attraverso il suono e non lo vedrebbero più solo con gli occhi. Potrebbero lasciarsi guidare da ciò che sentono.

Network Museum – Perché inserire produzioni e ausili audiovisivi nei percorsi espositivi?

Antonio Di Bella – L’ audiovisivo è senz’altro il mezzo più immediato, per arrivare alla comprensione di ciò che ci viene sottoposto. In più permette alle emozioni di scorrere più velocemente fino allo spettatore che le interpreta con la sua sensibilità.
Se pensiamo che il modo migliore per essere coinvolti in ciò che facciamo, è proprio quello di utilizzare tutti i sensi del nostro corpo, l’audio potrebbe stimolare al meglio le sensazioni che proviamo di fronte ad un’opera d’arte, qualsiasi essa sia.

Network Museum – Audiovisivi, musiche, parole pronunciate e recitate: i musei sanno scegliere le tecnologie e le espressioni creative? A che punto è arrivato lo stato dell’arte?

Antonio Di Bella – Penso che stiamo facendo grandi passi avanti anche se non sono io la persona adatta per valutare fin dove ci siamo spinti con queste nuove espressioni creative.
Sicuramente, la nostra azienda potrebbe aiutare i musei a trovare nuove idee e nuove espressioni creative e comunicative per migliorare l’esperienza dei propri visitatori, coinvolgere più efficacemente le persone portandole ad apprezzare ancora di più l’arte e la cultura. Inoltre, con gli stessi strumenti, potrebbero veicolare meglio la loro comunicazione e promuovere in modo più coinvolgente anche un pubblico più distante dal mondo culturale.
Parlando per esempio del Museo diffuso, una stessa città diventa Museo. Tecnologia e arte devono per forza fondersi in un concetto nuovo di rappresentazione. Non solo come semplice esposizione ma come vera esperienza sensoriale e personale con il desiderio di “rimanere per sempre”. Per farlo si utilizza la tecnologia, la musica, le parole, le testimonianze. La creatività sta proprio nel saper scegliere quali elementi e quale messaggio tramandare a chi dovrà confrontarsi con queste opere in futuro.

Network Museum – Qual è il vostro rapporto e il vostro approccio nei confronti del sistema museale?

Antonio Di Bella – Abbiamo un approccio pratico ed emotivo. Pratico perché siamo fornitori di creatività e idee per produzioni audiovisive. Emotivo perché lavoriamo entro la sfera relazionale ed emozionale del Museo. Oltre che organizzativa ovviamente.
Abbiamo un approccio molto smart. Poche parole, tanto suono e tanta interazione. Da un Museo mi aspetto di essere continuamente sorpreso, che mi prenda la gola e che mi faccia correre a casa ad informarmi di più riguardo ciò che ho visto, sentito, vissuto e conosciuto.

Network Museum – Perché i musei originano scarsa produzione culturale su qualsiasi supporto essa possa essere espressa, in particolare tramite quello audiovisivo?

Antonio Di Bella – Dipende tanto dal tipo di storia che viene rappresentata. Ci sono tematiche che si prestano meglio ad essere interpretate attraverso strumenti audiovisivi. Penso che stiamo arrivando ad una maggiore consapevolezza dell’importanza culturale che il Museo assume nella sua duplice valenza di oggetto culturale e oggetto di intrattenimento. Sicuramente, c’è ancora tanta strada da fare per guidare queste realtà a nuovi modi di presentare e raccontare la cultura e stimolare il pubblico che intendono coinvolgere.
Perché i Musei ancora non sono avanzati verso nuovi supporti audiovisivi? Forse perché ancora non ne conoscono del tutto il potenziale e forse perché gli stessi professionisti come me, non sempre si orientano verso la cultura ma sono più impegnati ad operare nel mondo del cinema e della Comunicazione. Io penso che la musica, la voce e in generale il suono, siano ovunque tu li voglia portare. Spero di poter collaborare sempre di più con musei ed esposizioni, disposti ad implementare queste nuove forme di intrattenimento nel mondo della cultura.

Network Museum – Avete rapporti con il settore documentaristico?

Antonio Di Bella – In realtà non ci è mai capito di collaborare con questo settore, ma potrebbero nascere delle idee molto interessanti sempre legate all’audio.
Confrontandoci con i professionisti in questo ambito si potrebbero creare delle interazioni con l’evoluzione tecnologica informatica che ha rivoluzionato il settore documentaristico.

Network Museum – Vi hanno mai chiesto di comporre una “colonna sonora” per un museo?

Antonio Di Bella – Si, abbiamo avuto il piacere di iniziare una collaborazione col Museo Diffuso di Cantù che è nata proprio dalla richiesta di creare una Colonna Sonora per il Festival del Legno.
A noi è stato affidato il compito di realizzare una colonna sonora che rappresentasse il progetto. Siamo partiti dalla registrazione del foley nelle aziende del legno e durante gli eventi del festival. È stata una esperienza entusiasmante racchiusa in tre minuti di audio, accompagnato da un video del backstage di tutte le registrazioni in sede che abbiamo realizzato presso le aziende coinvolte.
Così un semplice macchinario per la lavorazione del legno è diventato un sintetizzatore, la colata di una fonderia è diventata un arpeggiatore, il fuoco a contatto con l’acqua è diventato uno splash orchestrale e via dicendo. Il risultato finale è stata l’armonia tra tutti questi suoni, con cui ho creato una colonna sonora ad hoc. Il risultato ascoltatelo con le vostre orecchie: https://www.fattobenedibella.com/il-cuore-pulsante-di-cantu/

Network Museum – Come vivete e cosa proponete per il problema dell’inclusione e dell’espressione delle persone con limitazioni sensoriali, cognitive e motorie?

Antonio Di Bella – Chi mi conosce sa che nel mio passato c’è il mondo della disabilità e non ho mai abbandonato l’idea di realizzare un progetto musicale per l’occasione. Sono molto sensibile al tema e vorrei che il mio Paese fosse in prima linea in merito. Purtroppo, non è così ma anche qui noto dei grossi passi avanti sia strutturali che espressivi. Cosa proponiamo? Bella domanda ma forse andrebbe fatta ai nostri governanti. Dal mio canto, sicuramente ciò che noi possiamo offrire con le produzioni audio, potrebbe essere di grande supporto per alcune limiti sensoriali di persone con disabilità.
L’audio è senz’altro un sostegno per chi non può approfondire con altri sensi e potrebbe tra l’altro portare un’esperienza fuori dalle mura del museo. Chi non può permettersi di visitarlo, potrebbe riprovare le stesse emozioni attraverso l’audio-visivo e sentirsi coinvolto a 360 gradi senza alcuna limitazione. Bisogna pensare a nuovi modi di inclusione sfruttando tutto il potenziale che abbiamo in vari ambiti. Noi cercheremo di dare il nostro supporto con ciò che sappiamo fare: l’audio.

Network Museum – Come giudicate il sistema di propagazione della cultura italiano? Cosa accade, a tal proposito, all’estero, in particolare nella fruizione della creatività e delle tecnologie proposte dal vostro settore?

Antonio Di Bella – Anche qui servirebbe un tema. Per quanto riguarda l’estero non saprei dire perché non basta qualche viaggio per giudicare un sistema. Mentre per il nostro Paese sono ottimista. Ad esempio, Milano è diventata una grande metropoli culturale, un museo a cielo aperto che propone qualsiasi forma di creatività e comunicazione.
Penso che ogni piccolo comune del nostro territorio debba avanzare per promuovere e rendere sempre più accattivanti i siti che si possono visitare.
Il nostro è un grande paese turistico e culturale. Tutta la storia e passata da noi. Solo questo settore potrebbe coprire metà della disoccupazione e invece non è così.
Partiamo da qui e poi si vedrà. Ovviamente, il nostro settore può offrire grandi novità se le nostre menti si apriranno al futuro e a nuovi modi per propagare la nostra cultura.

Network Museum – Come immaginate la cultura nel futuro? Come pensereste il futuro dei musei alla luce della vostra esperienza artistica e imprenditoriale?

Antonio Di Bella – La Cultura del futuro la immagino in strada. Se vogliamo vincere la sfida culturale dobbiamo tornare a far vivere le nostre città, renderle più sicure e al passo coi tempi. Musei a cielo aperto dappertutto, oasi culturali digitalizzate ma in mezzo alla gente e alla natura.
Dobbiamo tornare a “sentire” ciò che vive intorno a noi. Dobbiamo tornare a popolare i musei, i concerti, i teatri. Solo attraverso la partecipazione di tutti vi sarà vera libertà culturale e quindi sviluppo.

Network Museum – Ora la domanda relativa al tema dell’anno: i musei come possono influenzare il processo di comprensione dell’evoluzione collettiva e della ricostruzione sociale ed economica post Covid e, speriamo, post conflitto Russia – Ucraina?

Antonio Di Bella – Il post Covid che stiamo vivendo è solo una sana voglia di tornare a fare quello che facevamo prima. Mentre approfitterei di ciò che è stato, per rendere certi cambiamenti più stabili. Ad esempio, lo “smart working”: è stata una trasformazione difficile ma oggi può diventare realtà. La gente non deve uscire di casa solo per andare a lavorare e poi passare la sera davanti alla TV e allo smartphone. La gente deve lavorare a casa e poi uscire la sera per frequentare la città.
Siamo attori sociali dalla nascita e non possiamo trasformarci in macchine. Tutto ciò che possono fare le macchine devono farlo. A noi spetta prenderci cura di noi stessi, degli altri e della cultura che ci circonda. Se fossimo più concentrati a propagare la cultura, forse anche le guerre smetterebbero di esistere. Meno ignoranza, meno sete di potere e più fame di cultura.
Sono un sognatore ma parlo di cose molto pratiche. Quindi di lavoro per tutti. Dignità per tutti. Quella dignità che solo il lavoro e la cultura possono dare.
Nel mio settore come negli altri, dobbiamo sviluppare un senso di appartenenza a ciò che facciamo. Renderci operai, impiegati o artisti di serie A, pronti a dare il meglio per noi stessi e per le persone che ci fanno lavorare.

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Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.

Titolo: “Ascoltare il silenzio, capire il caos”
Sezione: “Tecnomusei”
Autore: Network Museum
Ospiti: Antonio Di Bella
Codice: IIINET2302022346MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 03/02/2023
Pubblicazione in rete: 5° edizione, 31/01/2023

Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: INFOGESTIONE – Network Museum
Fonte immagini: cortesia Fattobene Di Bella Studio
Fonte video e contenuti multimediali: cortesia Fattobene Di Bella Studio

Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema:
https://www.fattobenedibella.com/il-cuore-pulsante-di-cantu/
https://www.fattobenedibella.com
https://www.scrivimiunacanzone.com/
https://www.fattobenedibella.com/sound-design-e-musica-per-immagini/
https://www.scrivimiunacanzone.com/lautore-antonio-di-bella/
https://youtube.com/playlist?list=PLfOszRsiDP1BiexC5RjXm_5AkNm3TIRlL


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